Maria Lai e la Scuola Internazionale di Grafica

17 / May / 2017

17 maggio 2017

La nostra Roberta Feoli ci racconta di Maria Lai e della sua bella amicizia con la Scuola

Nella stamperia da anni troneggia un poster che attira lo sguardo.
Un’ anziana donna regge una pistola e la punta verso l’osservatore.
La sua pelle ed i suoi occhi sono in bianco e nero eppure ti attraggono come se fossero ricoperti d’oro.
Ogni anno all’inizio dei corsi della Scuola uno studente nuovo mi chiede di chi sia quel sorriso appeso sotto un naso a punta.
E come un rito che si ripete a cadenza regolare ed ancestrale racconto la storia.
Presento la piccola donna ritratta su carta come l’espressione del cambiamento.
Nata del 1919 ad Ulassai, in Sardegna, la guerra e la necessità la portarono lontano dalla sua terra fino all’Accademia delle belle arti di Venezia scelta che divenne fondamentale nella costruzione dell’istinto artistico della ragazza.

Tra scultura, agguati, ritorni sull’isola e dolore arrivo nella mia narrazione al 1981.
A questo punto del mio racconto mi emoziono sempre un po’ perché Maria Lai ebbe il coraggio di realizzare qualcosa che in Italia non si era mia visto, qualcosa che avrebbe cambiato i canoni del concettuale, dell’arte povera, dell’ di installazione e della performance.

Nello stesso anno in cui l’IBM immetteva sul mercato il primo personal computer, Lady Diana e Carlo d’Inghilterra si sposavano, Ronald Reagan veniva eletto presidente e la P2 e le BR in Italia diventano sigle di giornaliera realtà ad Ulassai venivano ricordati i vivi e non i morti dell’ultima guerra.



Il mondo era in vena di cambiamenti ed anche la storia dell’arte.
Invitata dall’allora sindaco del paese a realizzare un monumento alla memoria dei caduti, Maria Lai decise di creare per le persone della sua terra un’esperienza di vita e non di ricordo.
Dopo più di un anno di riflessione, organizzazione e celebrazione, 27 km di tessuto azzurro attraversarono i tetti e le storie degli abitanti del paese.
Il flautista Angelo Persichilli accompagnò con la musica, Piero Berengo Gardin fotografò l’evento, e l’artista Tonino Casula realizzò un documentario che testimoniasse l’accaduto.

Donne, bambini ed uomini con le mezze sigarette tra le dita sciolsero la stoffa dalle grandi matasse azzurre, o meglio dai mq di jeans che furono utilizzati e tutti si impegnarono per far arrivare in ogni dove quel colore.
Dai balconi finiva per le strade, dalle porte di casa arrivava ai fili per stendere la biancheria ed addirittura passò sulla testa di una scultura della Madonna portata in processione per finire fissato sulla punta del Monte Gedili.

Così Ulassai fu legata alla sua montagna e con lei tutti i suoi abitanti ed in una curiosa forma, il mondo intero.
L’idea era nata nell’artista da una storia del paese, una sorta di leggenda sviluppatasi come tutte per insegnare qualcosa generazione dopo generazione.
“Sa Rutta de is’antigus”, cioè “La grotta degli antichi” è come viene chiamata la storia secondo la quale nel 1861 un costone della montagna crollò travolgendo un’abitazione e causando la morte di tre bambine mentre una quarta si salvò e fu ritrovata proprio con un nastro celeste in mano. Il “miracolo”,che così venne etichettato, venne tramandato assumendo sempre più astratti ed epici caratteri.



Ad esempio la versione che Maria Lai raccontò a Matilde Dolcetti, direttrice dei programmi e dei corsi dedicati all’arte della Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, narrava che per ripararsi da un temporale, i pastori assieme alla bambina, che li aveva raggiunti per portare loro da mangiare, entrarono tutti quanti nella grotta. Guardando fuori, videro un nastro azzurro che volava portato dal vento. I Pastori non si fecero domande e restarono nella grotta, mentre la bambina (unica capace di stupore!), uscì ad osservare. E fu l’unica a salvarsi perché una frana bloccò l’uscita della grotta. Per Maria Lai il nastro azzurro era l’Arte.

Anche l’amicizia tra Matilde e Maria è stata uno dei pilastri dell’identità artistica del corso del libro d’artista della Scuola.
Ho chiesto proprio all’anima della Scuola di raccontarmi la “sua” Maria Lai

R- Avevi sentito parlare di Maria Lai prima di conoscerla?
M- Sì, per i suoi libri unici in stoffa e filo.

R- Come è avvenuto il primo contatto?
M- Alla Biennale del 1985, nella sede vecchia della Scuola, è stata ospitata l’esposizione della casa
edirtice EIDOS di Vittoria Surian “Identità e Differenze Libri di Artiste”. Maria Lai partecipava
con i suoi libri fax-simile, pubblicati dalla EIDOS. Passando dalla stamperia, Maria ha deciso di
voler creare un libro d’artista con la nostra attrezzatura e la nostra consulenza. E’ quindi tornata
l’anno dopo con il progetto del libro “Ca’ de Janas”, che abbiamo realizzato assieme nelle 3
settimane della sua residenza. Parallelamente ha anche creato un secondo libro “Margheritina”, con
incisioni a ceramolle.

R- Che impressione ti fece di primo acchitto?
M- Mi ha conquistata subito.

R- Che ricordo hai di lei come artista e donna?
M- Una donna ed un’artista essenziale.

R- Cosa ti ha insegnato?
M- Saggezza.

Anche per questo motivo è un grande onore per la Scuola avere nella propria collezione di libri d’artista e di incisioni anche delle opere uniche di Maria Lai che ad ogni corso vengono mostrate agli iscritti incuriositi da quella foto in bianco e nero sul muro.

A maggior ragione sono entusiasta, come artista ed insegnante, di veder Maria Lai selezionata da Christine Macel per la 57′ Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo “Viva Arte Viva”.
Una grande artista e donna da continuare a raccontare attraverso i nostri corsi nella città che l’ha scelta una seconda volta come fiore all’occhiello delle meraviglie nazionali.

Roberta Feoli