Ivan Frigo. La creatività vincente di un designer grafico

12 / June / 2017

Per una comunicazione visiva orientata al contemporaneo

Ivan Frigo, nostro ex allievo, ha vinto il concorso per la creazione di un logo finalizzato alla candidatura delle Colline di Conegliano e Valdobbiadene alla World Heritage List (Patrimonio mondiale dell’umanità) dell’Unesco. Ecco alcuni brani tratti dall’intervista rilasciata a Focus on agrifood➤ per gentile concessione degli autori.

Ivan, prima di tutto complimenti per l’importante riconoscimento; un premio molto significativo per un giovane Art Director dalla carriera molto promettente! Il logo che hai realizzato per la candidatura delle colline di Conegliano e Valdobbiadene alla World Heritage List dell’Unesco è decisamente ben fatto. Vorremmo saperne di più, ma prima di incominciare, ti chiediamo di raccontarti e presentarti
Certamente. Sono nato nell’estate del 1983 in un piccolo paesino in provincia di Vicenza; sono Art Director e mi occupo di comunicazione visiva da più di dieci anni. La mia formazione professionale è iniziata a Venezia, alla Scuola Internazionale di Grafica, e successivamente si è sviluppata all’interno di un’agenzia di comunicazione dove ho ricoperto i diversi ruoli che si occupano della cura e dello sviluppo di un progetto creativo: dalla figura del Graphic Designer fino a quella di direttore artistico. Da circa un anno e mezzo, forte delle competenze raggiunte, ho intrapreso la libera professione, anche per sperimentare e approfondire in modo libero e consapevole la mia creatività.

Cosa prevedeva il brief? Quali erano le esigenze comunicative?
Il brief richiedeva lo sviluppo di un logo che riuscisse con forza, incisività ed immediatezza a raccontare tutti i valori rappresentati dal territorio delle colline di Conegliano e Valdobbiadene, al fine di dare risalto alla candidatura per la World Heritage List dell’Unesco.
Il progetto creativo doveva tener conto delle modalità e degli strumenti ritenuti più utili e idonei a rappresentare questo territorio, comunicandone i valori di autorevolezza, unicità ed innovazione con rispetto e attenzione nei confronti della tradizione e del passato. Le linee guida, inoltre, menzionavano cinque punti rappresentativi dell’unicità di queste terre da cui attingere per approfondire la fase di elaborazione del concept: Aspetto morfologico, Territorio, Know-how, Storia, Sostenibilità e Adattamento.

Il brief offriva una serie di informazioni molto importanti e articolate, ed evidenziava subito qual era la sfida principale: capire come e dove direzionare la visione creativa. I cinque punti sopra citati contengono così tante informazioni da meritare ognuno un proprio “logo di approfondimento”, ma l’obiettivo focale del contest era essenzialmente la candidatura di queste terre per la World Heritage List. Da qui la scelta di concentrarmi unicamente sulla morfologia delle colline del Prosecco per rappresentare visivamente questo affascinante sistema geomorfologico unico e raro a livello mondiale.

Quali commenti hai raccolto dai committenti?
Molto positivi. Appena proclamato il vincitore del contest ho ricevuto due chiamate: la prima da parte della responsabile della Segreteria di Direzione del Presidente Zaia e la seconda dall’Ufficio Comunicazione e Manifestazione del Consorzio Tutela del vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG. Entrambe le referenti si sono congratulate per il risultato raggiunto e hanno espresso i loro ringraziamenti per l’ottimo lavoro svolto.

La cosa che più ci ha colpito, e che vorremmo approfondire con te, è l’attualità di questo lavoro; ci sembra che il logo segua intelligentemente una tendenza, o meglio un nuovo linguaggio, che mette ai primi posti il colore e la geometria, rielaborati in chiave minimalista, per esprimere in primis il movimento. Secondo te sta nascendo qualcosa di nuovo nel mondo del branding e della corporate identity?
Osservare come la propria creatività venga accolta dal pubblico è una delle parti più interessanti del mio lavoro perché sono proprio le persone il reale committente a cui è destinata e che ne determinano l’eventuale successo. Nel corso della mia vita professionale ho ricevuto un grande insegnamento da questa professione; ho imparato a fare chiarezza tra l’essere un creativo al servizio di un cliente, con necessità ed obiettivi ben precisi da raggiungere, e l’essere creativo in nome di un’espressione artistica con lo scopo di portare una personale visione del mondo. Un risultato creativo non deve piacere ma funzionare nel modo corretto e in relazione al pubblico di riferimento. Cerco sempre di condividere questo insegnamento con i miei clienti; la comunicazione visiva non lascia mai spazio all’improvvisazione e il gusto personale non è mai un buon metro di giudizio.
Il mondo della comunicazione è sempre in costante evoluzione e senza significative interruzioni. Oggi vediamo l’affermarsi continuo di nuove culture progettuali, legate in primis alla rivoluzione digitale; questo paradigma ha influenzato fortemente la comunicazione visiva, in una affannosa ricerca di un allineamento con un mondo sfuggente che cambia sempre più rapidamente. Basti pensare a come negli ultimi anni gli stessi strumenti che veicolano l’identità di un brand si siano espansi: dai supporti cartacei allo spazio/tempo del mondo Digital.


Sicuramente possiamo notare come i punti saldi che determinavano la teoria del design del 20°secolo – staticità, moltiplicazione e ripetizione – pesino sul modello standard della Visual Identity; la costanza visiva diventa sempre meno efficace per poter soddisfare tutte queste nuove necessità, per gestire un’evoluzione continua che muta in tempo reale, pur dovendo mantenere costanti i valori proposti da un marchio. Citando come esempio il restyling di Enel, vediamo come in questi casi si confermi questa nuova visione di “identità dinamica” dove il marchio per dimostrarsi coerente non deve presentare necessariamente una forma statica. A tutto questo va aggiunto interazione, flessibilità e adattabilità.

Quindi in conclusione possiamo visualizzare l’identità visiva di oggi non più come una singola parola, ma come una frase, un racconto che viene riscritto ogni giorno da un linguaggio “visivo-verbale” che nasce nella realtà per evidenziarne le differenze e valorizzarle.